
VEGLIARE CON GESÙ COME GIUSEPPE E MARIA
da Il Messaggio Santa Casa - gennaio 2009
Nata a Roma nel 1875, Giuseppina Berrettoni fin dalla più tenera età si consacrò a Dio come laica: a nove anni entrò tra le Figlie di Maria e fece voto di verginità. Attratta dall’amore di Dio e dalla vita di s. Francesco d’Assisi, decise di rimanere in mezzo al mondo come Terziaria francescana per essere testimone di speranza con una vita santa e un’intensa attività apostolica. “Tutte le mie forze, tutta la mia vita voglio spendere per far conoscere Gesù in mezzo al popolo cristiano”.
L’apostolato laicale fu la caratteristica della sua vita. Lo esercitò sotto ogni forma e in qualsiasi campo: fra le persone consacrate e i più incalliti peccatori, fra gl’ignoranti e le persone colte, in privato e presso le parrocchie, specialmente come catechista. Dovunque passava rifioriva la fede, si regolarizzavano matrimoni, si istituivano organizzazioni religiose e cattoliche.
Leggiamo nei suoi scritti: “Dai nostri occhi, dal nostro portamento deve leggersi la professione nostra di cristiane; ognuno che ci avvicina deve sentirsi tratto al bene; dobbiamo lasciare dietro di noi il profumo di Gesù Cristo; noi donne, meglio degli uomini stessi, allora saremo apostole”.
Profuse l’ardore delle sue opere di bene nell’America del Sud, in Liguria, nelle Marche, ma soprattutto a Roma che la vide, durante l’epidemia della ‘spagnola’, infaticabile angelo di bontà. Il 3 agosto 1907 scriveva: “Solo chi ama Dio può essere capace di amare il prossimo; i maggiori amatori degli uomini furono, infatti, i Santi. L’amore a Dio e al prossimo, nella concezione cristiana, è una stessa cosa”.
Profuse l’ardore delle sue opere di bene nell’America del Sud, in Liguria, nelle Marche, ma soprattutto a Roma che la vide, durante l’epidemia della ‘spagnola’, infaticabile angelo di bontà. Il 3 agosto 1907 scriveva: “Solo chi ama Dio può essere capace di amare il prossimo; i maggiori amatori degli uomini furono, infatti, i Santi. L’amore a Dio e al prossimo, nella concezione cristiana, è una stessa cosa”.
Fu anche una grande mistica. Sapeva cogliere la voce di Dio per tutte le strade del suo apostolato e sapeva trasmettere agli altri l’onda d’amore che invadeva il suo cuore.
Preziosa testimonianza
sulla Santa Casa di Loreto
sulla Santa Casa di Loreto
Di notevole bellezza le sue testimonianze sulla Santa Casa di Loreto, santuario che amava particolarmente e conosceva benissimo, in quanto il padre era di origine marchigiana (di Morrovalle, cittadina vicina a Loreto). Così scriveva da Loreto ad alcune sue amiche in una lettera del 6 settembre 1901, trasmessaci per intero da Rosita Rossi che sta adoperandosi per promuovere la sua causa di beatificazione tuttora in corso:
“Mie carissime in Gesù,
oh no, non potrei ridirvi la gioia provata questa mattina nella Santa Casa di Loreto. Nel mirare queste mura benedette; nel baciarle e ribaciarle il mio cuore struggevasi d’amore! Oh sì, ve la confesso ingenuamente la mia debolezza, io ho pianto stamane, ho pianto proprio come una bambina. Ma le mie lacrime furono di riconoscenza, furon d’amore.
E come non piangere dinanzi a un tanto monumento della Divina Bontà? Vi accerto che dalla Santa Casa di Loreto si parte convertiti o migliorati, indifferenti mai.
oh no, non potrei ridirvi la gioia provata questa mattina nella Santa Casa di Loreto. Nel mirare queste mura benedette; nel baciarle e ribaciarle il mio cuore struggevasi d’amore! Oh sì, ve la confesso ingenuamente la mia debolezza, io ho pianto stamane, ho pianto proprio come una bambina. Ma le mie lacrime furono di riconoscenza, furon d’amore.
E come non piangere dinanzi a un tanto monumento della Divina Bontà? Vi accerto che dalla Santa Casa di Loreto si parte convertiti o migliorati, indifferenti mai.
Dentro quelle pareti, santificate dalla presenza della più pura fra le donne e del Santo dei Santi, Dio-uomo, spira un’aura di Paradiso che irradia e corrobora la mente ed il cuore.
Quivi tutto è pace: e di pace e di dolcezza parlano quei muri anneriti dal tempo, quella finestrella per la quale ogni mattina il sole recava un riconoscente saluto al suo Creatore, per amore degli uomini fatto bambino, e alla Vergine Madre che trovava intenta all’usato lavoro.
Di pace e di dolcezza parla ancora l’annerito focolare, ove la Regina degli Angeli, la Madre di Dio, Colei che per nobiltà di lignaggio e per qualità fisiche e morali, ogn’altra sorpassa, non disdegnava cucinare le povere vivande che servir dovevano per nutrimento, spesso anche scarso, del Divino suo Pargolo e dell’intemerato suo compagno Giuseppe.
Oh sì, nella casa lauretana anche la sua veneranda e venerabile figura si fa presente. E non potrebbe essere altrimenti, dacché quella dimora fu il vero trono di s. Giuseppe.
Quivi tutto è pace: e di pace e di dolcezza parlano quei muri anneriti dal tempo, quella finestrella per la quale ogni mattina il sole recava un riconoscente saluto al suo Creatore, per amore degli uomini fatto bambino, e alla Vergine Madre che trovava intenta all’usato lavoro.
Di pace e di dolcezza parla ancora l’annerito focolare, ove la Regina degli Angeli, la Madre di Dio, Colei che per nobiltà di lignaggio e per qualità fisiche e morali, ogn’altra sorpassa, non disdegnava cucinare le povere vivande che servir dovevano per nutrimento, spesso anche scarso, del Divino suo Pargolo e dell’intemerato suo compagno Giuseppe.
Oh sì, nella casa lauretana anche la sua veneranda e venerabile figura si fa presente. E non potrebbe essere altrimenti, dacché quella dimora fu il vero trono di s. Giuseppe.
Come è facile lì dentro rappresentarsi la vita intima di Gesù! Ma quanto è agevole raffigurarsi l’infanzia e l’adolescenza Sua, altrettanto è difficile, per non dire impossibile, immaginarlo disgiunto dalla Immacolata Sua Madre e dal Suo padre putativo.
Sia che si voglia ricordarlo ancora Bambolotto, sia fatto più grande, è da Maria e Giuseppe, e dall’uno e dall’altra vezzeggiato, sorretto, ammaestrato. Sapevano ben essi d’avere un tesoro immensurabile e lo custodivano gelosamente: anche di notte, suppongo, durasse la loro sorveglianza, e m’è caro immaginare che Maria e Giuseppe soavemente contendessero il grato ufficio. E noi, movemmo contese per ottenere di vegliare con Gesù?
Per vegliare con Gesù, io non intendo dire passare le notti ai Suoi piedi, che questo non vi consiglierei mai di fare, non essendo da tanto la vostra salute, ma ha un significato mistico questa volta la parola vegliare. Vegliamo noi sulle nostre male inclinazioni, sui nostri sentimenti, costantemente, anche di notte? Cioè quando il demonio vuol darci ad intendere si siano addormentati? E contendiamo con lui quando pretende assumere l’ufficio di custode del nostro cuore? O lo lasciamo fare?
Resistiamo, per carità, altrimenti il tesoro è perduto!
Maria e Giuseppe avevano l’Autore della grazia da custodire e noi la Sua grazia santissima... che affinità di missione, ma che disparità di azione!
Maria e Giuseppe erano stati confermati in grazia (così piamente si crede anche del casto Sposo di Maria) e come tali essendo superiori ad ogni altro mortale, potevano fondatamente sperare che Gesù, purità e santità per essenza, mai li avrebbe lasciati personalmente, eppure temendo che ciò potesse accadere per la loro negligenza nel divino servizio, erano sempre intenti e vigilanti intorno al loro sacro deposito.
Maria e Giuseppe erano stati confermati in grazia (così piamente si crede anche del casto Sposo di Maria) e come tali essendo superiori ad ogni altro mortale, potevano fondatamente sperare che Gesù, purità e santità per essenza, mai li avrebbe lasciati personalmente, eppure temendo che ciò potesse accadere per la loro negligenza nel divino servizio, erano sempre intenti e vigilanti intorno al loro sacro deposito.
Noi, al contrario, pur riconoscendo i molti e gravi nostri peccati e la facilità che abbiamo a commetterli, come insensati dormiamo sicure né cerchiamo premunirci dagli assalti infernali... e ciò perché? Perché non meditiamo!
E non meditiamo, cioè non pensiamo al fine per cui Dio ci pose in questo mondo, perché trascuriamo di usare quei mezzi indispensabili anzi per conseguirlo.
E non meditiamo, cioè non pensiamo al fine per cui Dio ci pose in questo mondo, perché trascuriamo di usare quei mezzi indispensabili anzi per conseguirlo.
Noi viviamo sì, ma più che vita può chiamarsi vegetazione la nostra, poiché nessun progresso facciamo nelle virtù, eppure la vita spirituale non si conta dagli anni ma dalle opere sante che in uno spazio di tempo si sono compiute, tanto, e così anche morendo a trent’anni saremo o potremo essere decrepite… per il Paradiso!
Questi e mille altri sentimenti e propositi suscitò in me la visita alla Santa Casa. Gesù sia con voi e coll’abbondanza delle Sue grazie e delle Sue benedizioni. Nel Cuore Divino sarò sempre
Questi e mille altri sentimenti e propositi suscitò in me la visita alla Santa Casa. Gesù sia con voi e coll’abbondanza delle Sue grazie e delle Sue benedizioni. Nel Cuore Divino sarò sempre
Vostra aff.ma Giuseppina”.
Da questa sua lettera possiamo comprendere l’anima mistica e ardente di Giuseppina che amava tuffarsi nell’atmosfera sacra della Casa di Maria rimanendone inebriata dalle profonde emozioni e dalle dolcissime lacrime. Nel periodo del suo apostolato nelle Marche visitava spesso la Santa Casa.
Ai piedi di Maria il suo spirito si era temprato all’apostolato e alle virtù eroiche e ai piedi di Maria dolcemente, quasi sorri-dendo, si addormentò consegnando alla Mamma Celeste i santi desideri e le celesti aspirazioni interrotte solo da sorella morte il 17 gennaio 1927.
Ai piedi di Maria il suo spirito si era temprato all’apostolato e alle virtù eroiche e ai piedi di Maria dolcemente, quasi sorri-dendo, si addormentò consegnando alla Mamma Celeste i santi desideri e le celesti aspirazioni interrotte solo da sorella morte il 17 gennaio 1927.
P. Marcello Montanari, ofm capp.